martedì 23 ottobre 2007

Punteggiature

Se la musica è comunicazione e se la comunicazione vive anche di forma scritta, allora il secondo accordo di "Yesterday" equivale ad una virgola.

Who is the gaucho, amigo?

Ascoltare Donald Fagen che racconta le session di "Aja" è un' esperienza trascendentale.
Il suo sguardo, la voce, le espressioni raccontano esattamente il contrario di ciò che la sua musica ci ha regalato in tutti questi anni.
Mai un sorriso, mai uno scherzo ma la costante sensazione di trovarsi davanti ad un uomo che vive isolato dentro il suo mondo fatto di musica e suoni.
Soltanto quando lui ed il resto della band inforcano gli strumenti ed attaccano "Josie" inizio a capire: Donald è la sua musica.
Ci sta veramente dentro con tutto se stesso.
E' forse per questo che gli è difficile mettersi in relazione con il resto del mondo e, sopratutto, con giornalisti e media.
"Aja" è probabilmente la vetta artistica più alta che gli Steely Dan abbiano mai raggiunto, non lo discuto. La dolcezza di "Deacon blue", l'originalità della title track e le strutture ritmiche di "Peg" e "Josie" sono indiscutibilmente geniali, ma... in tutte le cose c'è un "ma", se è vero che "Aja" scorre via alle orecchie dell'ascoltatore come una serie inesorabile di tracce di altissimo livello è altrettanto vero che il testamento artistico si trova nel lavoro successivo: "Gaucho".
1980. In Europa si spegne lentamente il fenomeno Punk che lascia spazio alla nuova grande ondata musicale britannica, la new wave fatta di suoni elettronici, minimalismo, ricerca e oscurità della mente e dell'anima.
"Gaucho" è una canzone che in pochi minuti riesce a banalizzare tutto questo.
E' l'apoteosi della musica che diventa comunicazione.
E' un discorso in musica. Prima interlocutorio, poi risoluto, poi interrogativo e nuovamente interlocutorio fino ad arrivare, finalmente, ad un punto in cui gli animi si placano e sembra arrivare l'intesa, la felicità, la serenità.
Tutte le mattine, per andare a lavoro, percorro una strada che attraversa alcuni tratti di campagna.
Quella strada, ad un certo punto, sale fino alla cima di una piccola collinetta che domina la pianura circostante fino alle montagne che stanno qualche chilometro più avanti.
Proprio lì nel punto in cui la salita finisce e lo sguardo improvvisamente gode di questa spettacolare vista, una mattina ho incontrato Gaucho, "...Would you care to explain...".

mercoledì 17 ottobre 2007

Come macchie sulla pelle

Il tormento di "Blemish" non è casuale.
Un continuo contrasto tra forma e contenuto, un lento susseguirsi di quiete e angoscia, un grido silenzioso che irrompe assoluto e inaspettato.
Non era ciò che mi aspettavo e ho impiegato quasi un anno per capire ed apprezzare.
David ha spiazzato tutti ancora una volta scegliendo la via più difficile, più intima, più personale per comunicare il suo profondo disagio interiore.
"cado al di fuori di lei, ma lei non se ne accorge", così inizia il breve viaggio nella cupa foresta di "blemish", un viaggio in solitudine attraverso luci ed ombre della mente.
E' un percorso tortuoso in cui si incontrano esperienze forti: la separazione, l'ego, il desiderio, la meditazione ma anche la pace interiore, la felicità e la speranza.
Il suono è freddo, elettrico, meccanico, mai umano. Le melodie sono agrodolci.
Blemish è senza dubbio la sublimazione dell'arte del contrasto, la trasposizione in musica del concetto orientale di Yin e Yang.
Decido di riascoltarlo.
Inevitabilmente mi torna in mente il concerto del 2003.
Un momento di assoluta bellezza, con quella voce di donna che, ripetendo in maniera distaccata e meccanica la frase "love will not die", divideva in due il concerto ponendo fine all'esecuzione dell'intero Blemish ed introducendo il ritorno alle origini con la versione acustica di "the other side of life".

"...like blemishes upon the skin, truth sets in."
David Sylvian - Blemish (2003)

Primo post

Ciao.
Sono K.Zalp (cappapuntozalp)
Scriverò di musica.

Baci.